Vi sono alcuni punti cardine del mio essere medico ed oncologo polmonare che mi piace riassumere ritenendo che qualifichino la mia “mission” professionale per chi mi voglia conoscere anche come persona:
Ho iniziato il mio tirocinio pre-laurea nell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma nel 1977 (allora si chiamava Ente Ospedaliero Monteverde e comprendeva anche l’Ospedale Spallanzani) dove nel 1980 sono stato poi assunto come Assistente pneumologo e dove ho lavorato per oltre 30 anni fino a diventare Primario di una Divisione di Pneumologia Oncologica. Non ho cambiato Ospedale per molti anni quindi e ritengo che questo non solo sia stato un segno di “appartenenza” ma anche di “soddisfazione” per la struttura pubblica fino a che è esistita una coscienza pubblica nei nostri Amministratori Regionali. Poi il degrado morale e politico unito alla crisi economica ha condotto ai piani di riduzione di spese e risorse, alla riduzione delle risorse utilizzabili dal e per il malato ed alla crisi attuale della Ospedalità pubblica della Regione Lazio dove solo la abnegazione degli operatori ne ha finora impedito il default. Sul finire del 2013 l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, fondato e diretto per 20 anni dal Prof. Umberto Veronesi ha deciso di istituire una Divisione di Oncologia per i Tumori Polmonari e mi ha chiamato a dirigerla, chiamata che è stata subito accettata da me con onore ed entusiasmo.
La mia formazione è stata esclusivamente rivolta allo studio ed alla conoscenza delle malattie tumorali respiratorie e per questo ho conseguito una duplice Specializzazione (Malattie Polmonari ed Oncologia Medica) ritenendo questo un “plus” non solo per me ma anche per i miei malati. Presto da sempre la mia attività professionale in esclusiva per la Istituzione per cui lavoro non volendo favorire le case di cura private, che diventerebbero competitori per la mia Istituzione. Lavoro in questo modo quindi esclusivamente per la organizzazione ed il funzionamento ottimale del mio reparto in assenza di altri interessi disturbanti, se non quelli previsti contrattualmente.
Ritengo che in Oncologia, specie quella polmonare, fare Ricerca clinica sia fondamentale non solo per il livello di aggiornamento mio e dei miei collaboratori, ma soprattutto per i miei pazienti che hanno la possibilità di sfruttare subito le opportunità concesse dal Progresso medico anche se condizionati dalle regole imposte dalla Ricerca stessa. Ricerca clinica non significa “usare” i malati ma offrire loro delle possibilità aggiuntive di tipo terapeutico, negate nelle Istituzioni che utilizzano solo farmaci in commercio e rimborsati dal SSN. Fare Ricerca clinica significa maggiore garanzie, attenzioni, controlli, maggiore dialogo ed etica per il malato indipendentemente dal successo poi delle terapie. La Ricerca clinica, lo studio clinico, il protocollo a cui si partecipa, viene “controllata” numerose volte e da numerosi soggetti ed Istituzioni con maggiore sicurezza quindi per il malato ed i suoi familiari rispetto alle terapie “standard” molto meno affidabili non nei loro risultati naturalmente ma nella loro applicazione clinica da parte dell’oncologo e soggette di maggiori modificazioni e "personalizzazioni" non sempre equiefficaci.
Nel rapporto con il malato credo nella parola, nel dialogo, nel rapporto umano, nel pensiero libero, nella “relazione” umana fra due “persone” a differente ruolo e specificità ma assolutamente paritario. Detesto l’onnipotenza del medico che poggia per lo più sul bisogno, sul dubbio, sulla paura, sulla ignoranza, sulla angoscia, sulla fragilità del proprio interlocutore e che da tutto ciò si alimenta negativamente. Cerco di offrire ai malati la possibilità, in ogni momento, di potere sperare e credere nel domani, ma al di fuori dai miti e dalle illusioni, a persone che pur deboli, fragili, impaurite, non devono perdere la loro dignità, la propria storia, la propria diversità ed il proprio pensiero di uomini e donne.
Non ho mai detto “..non si preoccupi..” ad alcun mio malato ritenendola una affermazione falsa e mistificante oltre che lesiva per la sua intelligenza. Non ho altrimenti mai detto “….non c’è più niente da fare….” o.... "non ho più nulla da offrirle"....ad alcun mio malato e credo fortemente che la speranza per il domani si basi su decisioni concrete che riguardano l’oggi e che si possono e si devono sempre mettere in atto, nei limiti del possibile concesso dalle condizioni fisiche del malato. Non credo tanto nella “cura” ma nella “presa in carico globale”: il paziente ed il suo familiare hanno difatti necessità di un riferimento unico che si possa veramente occupare di tutto invece che inseguire e cercare persone, macchinari, consulenze… Una Istituzione sanitaria assistenziale basata sulla organizzazione della presa in carico globale e soprattutto sulla unicità del rapporto con il medico (ogni paziente dovrebbe avere come referente sempre lo stesso medico), rappresenta nell’attuale panorama italiano un valore aggiunto rispetto alla cosiddetta ....“erogazione di prestazioni sanitarie rimborsabili”…Questa è la struttura assistenziale nella quale lavoro.
Ritengo i familiari non un disturbo nel rapporto con il malato ma una parte integrante del sostegno globale al loro congiunto, purchè siano condivise con il medico, conoscenze, volontà, obiettivi così come le speranze. Le “negazioni” o le “illusioni” dei familiari, non “proteggono” il malato ma ne offendono ulteriormente la sua dignità di persona. Al tempo stesso, ritenendo che tutti abbiano i loro tempi e le loro modalità di reagire ad eventi drammatici come può essere una diagnosi di tumore polmonare, cerco di lavorare per una comprensione degli eventi che stimolino nei familiari delle reazioni di reale aiuto per il loro congiunto in difficoltà.
Sul lavoro credo nei giovani e nella delega condivisa. Da quando nel 2000 sono diventato Primario, prima al San Camillo di Roma e poi all'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ho lavorato con diversi giovani specializzandi o neo-specialisti in Oncologia Medica perché credo che i loro obbiettivi ed il loro modo di fare siano di stimolo a tutta la attività del reparto e che questo favorisca anche l’abbattimento della “soggezione” fra il malato ed il medico a tutto vantaggio per il primo. Al tempo stesso i giovani sono inesperti nelle dinamiche di "relazione" e nella comunicazione e necessitano di una certa verifica. A me piace dare loro una delega che permette loro di ricevere soddisfazione dalla propria autonomia che è il frutto però di discussione e condivisione decisionale continua che evita la cosiddetta verifica. Ogni settimana infatti abbiamo almeno due meeting di reparto per concordare e decidere insieme sugli iter diagnostici e terapeutici sia per i pazienti degenti che in trattamento di day-hospital o ambulatoriale. Nessuna decisione terapeutica oncologica che riguardi i pazienti seguiti e in carico alla mia Divisione può essere quindi presa senza una condivisione del team.
Per concludere ritengo di mettere impegno nel mio lavoro ma soprattutto entusiasmo e passione e questo ritengo si rifletta nel mio essere percepito. Ho faticosamente appreso che non si può piacere a tutti perché le diversità nella vita sono tante, fin troppe, ma è anche vero che non apprezzando il monopolio ed i monopolisti sono un assertore della libera scelta soprattutto quando questa possa essere veramente libera...
Socio fondatore nel 2007 e primo Presidente per 5 anni di AIOT (Associazione Italiana di Oncologia Toracica). Nel mio mandato la Associazione ha conquistato un posto di rilevanza nella comunità scientifica oncologica italiana, europea e Internazionale riguardo a una patologia che non trovava adeguata visibilità nel contesto oncologico generalista. A livello italiano, 300 iscritti, un sito web, un centinaio di corsi di aggiornamento, una Scuola di Oncologia Toracica con una sede permanente e decine di corsi residenziali, aggiornamento e FAD online, report congressuali, un gruppo giovani, Linee guida on line e in cartaceo e tante altre attività costituiscono il risultato del primo quinquennio. A livello europeo, l’accordo con Elsevier perché Lung Cancer diventasse la rivista di AIOT, e l’ingresso nel board of directors per fondare ETOP (European Thoracic Oncology Platform), hanno caratterizzato la attività di AIOT. A livello internazionale l’organizzazione di CIOT la Conferenza Internazionale di Oncologia Toracica con una faculty internazionale, in lingua inglese, con un meeting biennale ha rappresentato per l’Italia la novità che non c’era. AIOT ha innovato la comunicazione e l’aggiornamento scientifico e risulta ora un punto di riferimento imprescindibile nella comunità scientifica italiana.
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